La Postepay è una delle carte prepagate più comuni in circolazione. Andiamo a scoprire tutti i particolari in merito ad un suo possibile pignoramento
Nell’ultima decade la PostePay ha avuto un’espansione sempre più importante. D’altronde avere una ricaricabile semplice da usare fa gola un po’ a tutti. Chiaramente è diversa dal conte corrente anche nel caso in cui è dotata di un apposito Iban. Spesso la si utilizza per fare acquisti online in maniera semplice e sicura.
Infatti i criminali della rete in questi casi non hanno a disposizione un numero di conto a cui risalire per poi poter agire in maniera losca. Purtroppo esistono degli escamotage anche per attaccare questo tipologia di carta. Questo però è un altro discorso. In questa sede ci focalizzeremo sul possibile pignoramento di questo strumento.
Questo provvedimento può avvenire al pari di quello relativo ad altri beni, quando un soggetto debitore viene obbligato tramite un atto giudiziario a non poter più disporre di essa perché destinata a soddisfare le esigenze dei creditori. Chi deve riottenere indietro delle somme di denaro può anche decidere di farsi assegnare direttamente le cose pignorate e in questo la PostePay.
D’altronde questa carta è controllata direttamente da Poste Italiane, che può vedere in qualsiasi momento le cifre che sono state caricate. Anche l’anagrafe tributaria ha piena contezza delle prepagate, ragion per cui non esiste nessun motivo per pensare di farla franca qualora si possieda solo questa e non sia abbia nessun conto corrente.
Si tratta comunque d una carta nominativa visto che il cittadino nel momento in cui la richiede presenta un documento d’identità che è associato al numero di carta insieme al nominativo. Per effetto non esiste alcuna differenza. La PostePay può subire gli stessi pignoramenti a cui è soggetto un conto corrente o un libretto di risparmio.
In generale, lasciando da parte questo particolare, sarebbe opportuno evitare di arrivare a situazioni di questo tipo anche perché si rischia anche di vedersi espropriare dei propri beni o di doverli vendere per sanare il quadro debitorio. E non importa se gli oggetti o le somme di denaro si trovano presso terzi (si pensi ai soldi in banca o allo stipendio corrisposto mensilmente dal datore di lavoro). L’ingiunzione infatti andrà notificata anche ad eventuali altri parti che detengono i beni pignorati alla persona titolare del debito. Insomma, ponderare meglio le proprie risorse è più che un consiglio.