Li definiscono gli esodati del Governo Meloni sono i dipendenti pubblici che contano meno di 15 anni di anzianità, gli effetti negativi
I dipendenti pubblici che non possono vantare un numero di anni di anzianità superiore a quindici, potrebbero avere tagli importanti sull’assegno pensionistico. L’alternativa è lavorare di più ma non tutti possono proseguire e devono subire il taglio netto senza se e senza ma. Tra questi ci sono operatori sanitari e insegnanti. Cosa sta accadendo e quali sono le conseguenze?
Il 2024 scatta il ricalcolo contributivo e pensionistico con possibili tagli che possono raggiungere il 20% dell’importo mensile versato ai pensionati. Una possibilità di salvataggio viene data a chi lavora nella sanità ma solo con specifici requisiti e obblighi. La Legge di Bilancio 2024 parla chiaro e gli effetti non piacciono a tutti.
Il nuovo anno porta con se molti cambiamenti legati alla Legge di Bilancio 2024 che prevede, tra le altre cose, un ricalcolo pensionistico dei dipendenti pubblici. Sanitari e insegnanti sono tra i lavoratori che potrebbero vedere decurtata la loro pensione in modo significativo. La soluzione c’è per evitarlo ma non per tutti. Chi è già in pensione non potrà fare niente per evitare l’inevitabile taglio. Anche i pre-pensionati che hanno accettato di uscire dal mondo del lavoro con il sostegno si assegni ponte accordati tra azienda e Governo, devono accettare la riduzione dell’assegno mensile. Mentre chi ancora è in attività può scegliere di lavorare tre anni in più per ottenere la pensione piena ricalcolata.
Sono ben 732 mila i lavoratori, come si legge su Open, che dovranno prolungare gli anni di lavoro fino a 67 con 42 anni e 10 mesi di contributi versati, per non subire il taglio della pensione. Tale misura assicura un totale di 21,4 miliardi di euro risparmiati da parte del sistema di previdenza sociale calcolato fino al 2043. Tutto questo non vale solo per sanitari e insegnanti ma anche per dipendenti delle municipalizzate divenute private e lavoratori che operano in banche precedentemente pubbliche.
Chi ha scelto di uscire dal mondo del lavoro anticipatamente grazie al contratto di espansione e isopensione, ha potuto andare in pensione con diversi anni di anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla legge Fornero. In questi casi paga l’azienda gli anni mancanti ma una volta concluso questo periodo cuscinetto, i prepensionati si vedranno applicare il taglio dell’assegno di trattamento previdenziale del 20%. E non c’è alcun modo di salvarsi da tale riduzione che può arrivare anche a 300 euro mensili.
Diversa è la situazione per chi ancora lavora. In questo senso la Cgil sta considerando il numero degli esodati e le diverse situazioni che si sono configurate. L’obiettivo è comprendere meglio le diverse realtà e i danni che questa normativa può portare ai contribuenti. Inoltre si sta considerando ogni possibile alternativa per salvaguardare chi ha usufruito dello scivolo pensionistico attuato nel 2020 in modo da non avere gravi ripercussioni sulla vita quotidiana dovute al forte taglio della pensione. Si attendono aggiornamenti in merito.