Adori stare spesso in solitudine? Secondo lo psicologo significa che…
Molte persone preferiscono stare sole piuttosto che in compagnia. Un comportamento che può sembrare strano ed in parte non propriamente positivo, ma non è esattamente così
Proverbi sullo stare soli ce ne sono diversi, che vanno più o meno al passo con i tempi. Fatto sta che spesso la solitudine non è un ripiego e neppure rappresenta una mancanza di alternative. Anzi, spesso si sceglie di stare soli, di non sprecare del tempo prezioso e soprattutto di non condividerlo con chi non sia a noi affine.
Per molti, tutto questo viene etichettato come strano, diverso e perché no, anche sbagliato. Per altri, invece, una conquista. Soprattutto in quest’era, dove tutto è fluido, caotico, condivisibile, commentabile. Dove si sta tra le folle, ma spesso si resta incollati allo schermo di uno smartphone, inquadrando al meglio il proprio cocktail sulle note di una musica jazz.
Cosa dicono gli psicologi in merito a coloro che preferiscono stare da soli
E allora cosa ci sarebbe di sbagliato nello scegliersi e apprezzarsi? Secondo gli psicologi, infatti, propendere serenamente per la solitudine non significa essere incapaci di relazionarsi con gli altri. Anzi, chi ha imparato a stare da solo (sia chiaro, la solitudine non deve però essere uno status perenne), ha sicuramente sviluppato un alto livello di maturazione, che può tradursi in una personalità completa.
Insomma, potremmo parlare di una solitudine sana, volontaria, specchio di una profonda e sensibile anima, che ha piena padronanza e considerazione di se stessa.
Bisogna però stare attenti a non confondere chi non riesce ad inserirsi in un contesto sociale e chi, al contrario, volontariamente ne fa a meno in alcune circostanze. Il primo caso, infatti, sembrerebbe quasi una condizione obbligatoria, dunque non è una scelta e dietro questa condizione sicuramente si nascondono e si mascherano problematiche evidenti.
Analizzando il secondo caso, ovvero gli amanti della solitudine, potremmo suddividerli ancora in due sottocategorie. Nella prima convivono difatti tutti coloro i quali non apprezzano la maggioranza inserita nei vari contesti sociali, per cui la solitudine diventa una scelta, che si traduce in un non identificarsi con determinate personalità. Nella seconda, invece, possiamo individuare tutti coloro che, al contrario, vorrebbero far parte di un determinato contesto, ma che non sono disposti a snaturarsi e a doversi mostrare per chi non si è. Per cui, la solitudine sembrerebbe la scelta dell’ovvio, un rifugio, in cui si sta meglio con se stessi e non con chi non consideriamo “politicamente corretto” e a noi affine.