Pensione di inabilità, ecco quando può essere revocata | La legge è inequivocabile
La pensione di inabilità è una prestazione riconosciuta ad una certa categoria di cittadini in determinate circostanze, ma può essere revocata? Ecco cosa prevede la Legge in Italia.
Proprio come prevede l’articolo 12 della Legge 30 marzo 1971 n. 188, la pensione di inabilità è una prestazione riconosciuta ai soggetti invalidi al 100 per cento con un’età compresa tra i 18 ed i 65 anni (età lavorativa) che soddisfino determinati requisiti, ovvero:
• abbiano almeno 260 contributi settimanali (cioè 5 anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (ovvero 3 anni) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda;
• abbiano cessato qualsiasi tipo di attività lavorativa;
• siano stati cancellati dagli albi professionali o dagli elenchi anagrafici degli operai agricoli e da quelli di categoria dei lavoratori autonomi;
• abbiano rinunciato ai trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e a ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.
Il sussidio viene erogato mensilmente dall’INPS, per 13 mensilità e, per il 2023, ha un importo di 313,19 euro mensili.
In linea generale, possiamo dire che si tratta di un provvedimento a carattere permanente del quale il titolare può beneficiare fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia. Tuttavia, può essere oggetto di revisione da parte dell’Istituto Previdenziale. Proprio a tal proposito, oggi cercheremo di capire quali sono i casi in cui la prestazione può essere revocata.
Pensione di inabilità: quando può essere revocata
Benché nasca come un provvedimento a carattere permanete, riconosciuta agli invalidi al 100 per cento impossibilitati a svolgere un’attività lavorativa, la pensione di inabilità può essere soggetta a revisione da parte dell’INPS. Questo significa che l’Ente può programmare, periodicamente, delle visite per accertarsi che sussistano ancora le condizioni sanitarie che hanno permesso l’accesso alla prestazione.
Pertanto, possiamo affermare che la pensione di inabilità viene riconosciuta a tempo indeterminato, a patto che, la Commissione ASL indicata dall’INPS, in seguito a una visita di revisione dell’invalidità, confermi che il titolare sia ancora nelle condizioni di non poter svolgere una qualsiasi attività lavorativa.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 9 della Legge 222/1984, il procedimento di revisione può essere avviato su iniziativa dell’INPS o dell’interessato, in caso di mutamento delle sue condizioni sanitarie. L’esito della verifica deve essere opportunamente documentato attraverso la certificazione sanitaria necessaria. In caso di cambiamento della condizione sanitaria (miglioramento o guarigione), l’assegno erogato a titolo di pensione di inabilità viene interrotto o trasformato in Assegno di invalidità, qualora l’invalidità sia scesa al di sotto del 100 per cento, ma comunque superiore ai due terzi (67%). L’interruzione parte dal mese successivo alla data di accertamento. Ricordiamo, infine, che l’INPS può procedere alla sospensione della prestazione anche in caso di rifiuto senza giustificato motivo della visita di revisione.