Buoni fruttiferi postali, tutti li vogliono: meglio cartacei o dematerializzati? | I dettagli fanno la differenza
I buoni fruttiferi postali (BFP) sono stati introdotti nel nostro Paese quasi 100 anni fa, ma continuano ad essere molto amati dagli italiani, soprattutto, perché si tratta di strumenti di investimento a bassissimo rischio.
Il funzionamento dei BFP è davvero molto semplice. Il risparmiatore versa una cifra che maturerà degli interessi in base ad alcune variabili. Nello specifico, l’importo che verrà riscosso a scadenza dipende, innanzitutto, dalla cifra investita. Chiaramente, maggiore sarà l’importo versato in fase di sottoscrizione del titolo, più alti saranno i rendimenti. Le somme che saranno riscosse sono influenzate anche dalla durata del buono, che può essere a breve, a medio o a lungo termine (può andare dai 3 ai 20 anni). Infine, molto dipende anche dalla tipologia di buono sottoscritto.
Allo stato attuale, secondo le offerte presenti sul sito di Poste Italiane, è previsto un rendimento minimo lordo a scadenza pari all’1,5% per i buoni fino a tre anni. Fino ad arrivare ad un massimo di 4,5%, ma solo in caso di buoni intestato ai minori sottoscritti fin dalla nascita e con una permanenza di 16 anni.
Come molti sanno, i buoni fruttiferi sono emessi da Cassa Depositi e Prestiti e collocati dal Gruppo Poste Italiane. Pertanto, i risparmiatori hanno due diverse opzioni per poterli sottoscrivere. Una prima soluzione è rivolgersi direttamente ad un ufficio postale, dove i risparmiatori possono sottoscrivere i tradizionali buoni cartacei oppure gli innovativi buoni dematerializzati che possono essere sottoscritti anche online, attraverso il portale Poste Italiane. A questo punto potrebbe sorgere spontaneo chiedersi “meglio i buoni cartacei o quelli dematerializzati?”. Scopriamolo nelle prossime righe, perché a volte i dettagli fanno la differenza.
BFP: meglio cartacei o dematerializzati?
Nonostante, quasi un secolo di vita, i buoni fruttiferi postali sono uno strumento di investimento ancora molto amato dagli italiani. Questo, soprattutto, perché rappresentano un investimento che consente un guadagno con un rischio bassissimo. Come abbiamo anticipato, di recente, oltre ai tradizionali buoni fruttiferi cartacei è possibile sottoscrivere i buoni dematerializzati.
In buona sostanza, nel caso dei buoni in forma cartacea, il sottoscrittore riceve un titolo cartaceo che deve essere necessariamente presentato in fase di riscossione delle somme. Dunque, il sottoscrittore è responsabile della custodia e dell’utilizzo del titolo in proprio possesso.
Invece, i buoni in forma dematerializzata sono una scrittura contabile effettuata su un conto di regolamento, che può essere un libretto postale oppure un conto corrente Bancoposta, intestati alla stessa persona. In questo caso, il rimborso viene accreditato direttamente sul conto, dunque, non è necessario conservare nessun titolo cartaceo, ma è indispensabile che il conto di regolamento resti in essere fino al rimborso.