L’Italia è uno dei paesi in Europa in cui la discriminazione in ambito lavorativo è ancora molto presente e diffusa, nonostante esistano dei chiari riferimenti normativi.
Le Leggi che difendono l’uguaglianza in ogni ambito della vita sono tante, eppure nonostante gli anni che passano, risulta sempre più difficile accettare alcune categorie di persone, che siano donne, disabili o di diverso orientamento sessuale.
I dati recenti sulle discriminazioni e sulle molestie sul luogo di lavoro sono estremamente preoccupanti, basti pensare che il 55% delle lavoratrici ha dichiarato di aver subito maltrattamenti e osservazioni o addirittura contatti non richiesti. La situazione non migliora per gli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ dato che oltre 6 persone su 10 dichiarano di aver subito micro-aggressioni da parte di colleghi o superiori.
Le donne quindi sono costrette a tenere nascosti alcuni aspetti della propria persona, come ad esempio l’essere genitore o la ricerca di una gravidanza, mentre oltre il 40% dei lavoratori o ex lavoratori della comunità LGBTQIA+ ha dichiarato di evitare di parlare della propria vita privata in maniera molto accurata, tenendo così nascoste le proprie preferenze sessuali.
Tali trattamenti sono ampiamenti puniti dalla Costituzione, nella quale si può leggere (all’articolo 3) che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Come se la Costituzione non bastasse, nel tempo sono stati ampliati anche altri riferimenti normativi, nei quali si vieta la discriminazione in tutti gli stadi del rapporto lavorativo che parte dalla selezione, passa per l’orientamento o per la formazione e termina con lo svolgimento del lavoro che comprende anche le condizioni di lavoro, gli avanzamenti di carriera e persino il licenziamento.
Le norme a cui fare riferimento per quanto riguarda la parità dei diritti sul lavoro sono:
Di rilevante importanza risulta poi essere l’articolo 2087 del codice civile, il quale obbliga l’imprenditore a garantire ai propri lavori l’applicazione di tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti. In caso di denunce di maltrattamenti o di discriminazioni sarà quindi obbligato ad intervenire, richiamando, sanzionando o addirittura licenziando il dipendente che ha compiuto tali atti.