Hikikomori, la silente problematica che lacera i giovanissimi: cause e rimedi
Il termine giapponese Hikikomori indica l’isolamento volontario dei ragazzi in età adolescenziale. Gli unici contatti che hanno con l’esterno avvengono attraverso la rete
L’adolescenza è una fase piuttosto particolare della vita in cui i problemi sembrano ancor più insormontabili di quello che sono realmente. Purtroppo però alle volte la situazione può sfuggire di mano e si tende ad isolarsi nel vero senso della parola. Coloro che si chiudono in se stessi fino a questo punto sono chiamati Hikikomori termine giapponese che in pratica significa “ritirati sociali”.
Secondo il primo studio italiano inerente questo fenomeno redatto dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) sono circa 44mila i giovanissimi che in Italia si trovano a vivere questa condizione e altri 67mila rischiano di diventarlo a breve. Cerchiamo di analizzare meglio questa condizione che ormai tiene in apprensioni molti genitori.
Hikikomori: l’età a maggior rischio e i motivi scatenanti
Spiegato in parole povere è la tendenza a non uscire più di casa e a chiudersi nella propria stanza mantenendo contatti prevalentemente attraverso Internet. Una delle fasce d’età più colpita in assoluta è quella che va dai 15 ai 19 anni. Esistono inoltre diverse sfaccettature di questo fenomeno. Alcuni maschi ad esempio sono più propensi al gaming online e rappresentano la maggioranza dei ritirati sociali.
Quando si va oltre i 6 mesi di reclusione la situazione è da considerarsi grave mentre tra i 3 e i 6 è una sorta di anticamera della degenerazione. Fra le cause principali in base a quanto emerso dal rapporto sopracitato c’è spesso il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni. Frustrazione e auto-svalutazione sono quindi alla base dell’isolamento. Il bullismo al contrario di quanto si possa pensare non è tra i motivi principali.
Per poterne venire a capo è necessario il sostegno dei genitori, ma a tal proposito ciò che emerge dallo studio è abbastanza sconcertante. Infatti diversi soggetti che hanno rilasciato delle interviste sul tema, hanno dichiarato che le loto famiglie hanno accettato la loro condizione senza porsi troppe domande o che lo hanno fatto almeno in apparenza.
Secondo la psicologa Milena Primavera c’è una matrice comune che comporta questo atteggiamento di chiusura verso il mondo esterno. A suo modo di vedere è una sorta di resa o meglio di rinuncia ai rapporti umani. Chi lo fa tende a non reggere lo sguardo che il mondo ha su di sé. A ciò vanno aggiunti anche altri fattori collaterali come la sofferenza psichica che si manifesta tramite la depressione, l’ansia e i disturbi alimentari.