Cosa succede se spio il cellulare di qualcuno senza il suo consenso? In questo caso, i rischi potrebbero essere grossi.
Spiare il cellulare altrui non è difficile. In molti approfittano della buona fede di amici e parenti per farsi letteralmente gli affari loro.
Ma cosa rischio se leggo i messaggi, le email e la corrispondenza personale di qualcuno? Le conseguenze potrebbero essere a dir poco severe. Vediamo dunque in cosa consiste il diritto alla segretezza della corrispondenza, e qual è il rischio che corre chi spia il cellulare altrui.
Secondo quanto stabilito in costituzione, la violazione della corrispondenza è vietata, insieme ad ogni altro modo per comunicare.
Stando quindi a quanto disposto dall’art. 15 della costituzione, nessuno può spiare quanto viene comunicato in lettere private, ma anche messaggi di testo inviati tramite sms, WhatsApp e ogni altro mezzo di comunicazione, come i social network in generale.
Se si dovesse violare la privacy di chi usa i mezzi di comunicazione privati, si commetterebbe un illecito sanzionato dal codice penale.
L’articolo del codice che condanna questi tipi di comportamento, è il 616. In esso viene prevista la pena della reclusione fino a un anno, ovvero la multa fino a 516 euro per chi spia le conversazioni altrui.
Alla stessa pena soggiace chi sottrae o cancella la corrispondenza, dunque non si tratta soltanto di leggere quanto riportato nel contenuto delle missive.
L’esempio più immediato è quello di un marito che spia la propria moglie, o viceversa. Infatti, se anche la moglie dovesse spiare la corrispondenza del marito, anche lei sarebbe colpevole del reato di cui all’art. 616 c.p.
Inoltre, qualora si dovessero ricavare delle prove per l’addebito del divorzio, le stesse, se ottenute mediante la violazione della corrispondenza, dovrebbero considerarsi illegittime e non sarebbero utilizzabili in giudizio per l’addebito del divorzio.
La verità, in quest’ultimo caso, è che spiare un proprio familiare necessita del suo esplicito consenso alla stessa maniera dello spiare un estraneo.
A tal proposito, la stessa Corte di Cassazione ha precisato che avere la password di un altro account non costituisce di per sé consenso esplicito.
Da questa considerazione deriva che, se si ficca il naso nello smartphone di qualcuno, si commette comunque reato, e a nulla rileva che la vittima ci abbia fornito in precedenza pin, sequenza di sblocco o password.
A tal proposito è sopraggiunta una sentenza della corte di Cassazione in contraddizione rispetto al precedente responso del tribunale ordinario di Roma.
In questa prima sentenza infatti, si asseriva che, se il cellulare è stato lasciato in luoghi frequentabili da chiunque, allora non deve essere tutelato il diritto alla riservatezza dell’avente diritto.
Questo principio è stato giustamente ribaltato dalla Cassazione, che ha stabilito la necessità di esplicita autorizzazione dal proprietario dello smartphone.