Pensione a 60 anni: ci sono due modalità di scelta, fai la tua
Non mancano le occasioni per riuscire ad andare in pensione anche prima dei 60 anni di età. Due le misure possibili.
Per molti l’età per accedere alle varie tipologie di pensioni è davvero molto lontana. Ma c’è chi può farlo a 60 anni in due modi, vediamo come.
Pensione a 60 anni, adesso si può, ci sono 2 modalità differenti
Per molti l’età per accedere alle varie tipologie di pensioni è davvero molto lontana. Questo è un dato oggettivo, considerato da tutti una acclarata verità. A tal punto che da più lati si chiedono misure di maggior favore. Ma può essere considerato anche un luogo comune, soprattutto da chi si trova a poter accedere alla quiescenza con delle misure di pensionamento anticipato.
Che sono tante effettivamente, talmente tante che c’è chi può scegliere addirittura tra due misure che permettono l’anticipo prima dei 60 anni. “Sono una donna di 59 anni di età e ho 36 anni di lavoro alle spalle come addetta alle vendite in una grande catena commerciale. Purtroppo sono stata riconosciuta invalida in misura pari all’80% e per questo ho deciso di smettere di lavorare. Sto cercando di andare in pensione con opzione donna dal momento che già lo scorso anno ho completato i requisiti utili. Sono un pochino restia però, dal momento che mi hanno detto che perderò un bel po’ di pensione. Uno dei casi possibili è questo, capiamo meglio.
“Prenderò davvero poco per via del calcolo contributivo di opzione donna. Volevo sapere se c’era qualche alternativa a mia disposizione per poter prendere un assegno più dignitoso e meno penalizzato. Ho provato con invalidità, ma escludendo qualche agevolazione di varia natura non ho diritto a nessuna indennità economica. Devo scegliere l’opzione donna perché è l’unica cosa che posso fare?”
Opzione donna favorisce la pensione ma non il contributo in denaro, perché
Per le donne alcuni canali di pensionamento anticipato esistono, e uno di questi è proprio la tanto famosa opzione donna. In effetti Il nostro caso da quanto ci dice ha pienamente diritto a poter lasciare il lavoro sfruttando ciò che consente di fare il regime sperimentale contributivo donna. Una misura che scade il 31 dicembre 2022, ma che ha ancora buone chance di essere confermata con la prossima legge di Bilancio.
A prescindere da proroga o non proroga, il nostro caso ha pienamente diritto ad accedere alla prestazione o quest’anno o nei prossimi anni grazie alla cristallizzazione del diritto. Infatti lei ha completato 58 anni di età entro il 31 dicembre 2021 come la misura prevede. Ed ha completato anche il secondo requisito che opzione donna prevede, e cioè i 35 anni di contributi previdenziali versati al 31 dicembre 2021. Ma se dal punto di vista dell’età è una misura vantaggiosa, lo è di meno per quanto riguarda l’assegno che si andrà a percepire.
C’è un taglio del 30% con l’opzione donna
Detto ciò il nostro caso ha ragione a considerare penalizzante l’assegno che andrà a percepire. In effetti per la nostra lavoratrice ci sarà da affrontare la difficoltà di una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo. Questo nonostante a tutti gli effetti per lei la pensione dovrebbe essere calcolata con il sistema misto avendo iniziato a lavorare prima del 1996. E questo ricalcolo contributivo della prestazione significa perdere fino al 30% o più di pensione rispetto a quella teoricamente spettante alla data di uscita.
Questa misura si chiama pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Naturalmente non è l’invalidità che è stata certificata al nostro caso. Per lei c’è l’80% di invalidità civile confermata dalla commissione medica per le invalidità civili delle ASL. Da quanto abbiamo capito ha provato a richiedere la pensione di invalidità all’INPS. Ipotizziamo che il nostro caso sia andato dal medico curante a farsi redigere il certificato medico sul modello SS3.
Tale modello che il medico di base ha inviato telematicamente al sistema, è stato utilizzato dal nostro caso per poter richiedere la pensione di invalidità civile con i benefici della legge 104. La commissione medica delle Asl l’ha chiamata a visita riconoscendola invalida però solo all’80%. Niente indennità quindi anche perché per poterla percepire anche per invalidi a partire dal 74%, occorre rientrare in determinati limiti reddituali. Che evidentemente il nostro caso supera.