Il conto corrente non può essere pignorato: chi può finalmente sorridere
In molte circostanze il conto corrente può essere pignorato, ma ci sono anche situazioni in cui questo provvedimento non può essere attuato: vediamo quando il conto corrente non è pignorabile.
Uno strumento utilissimo per la vita quotidiana e diventato praticamente indispensabile, ma anche un insieme di dati personali sui quali si effettuano numerosi controlli: stiamo parlando del conto corrente, identificato attraverso uno specifico codice, l’IBAN.
Sul conto corrente vengono depositati i risparmi, vengono accreditati gli stipendi e si raccolgono i guadagni, quindi, di fatto, il conto corrente rappresenta il nostro deposito di soldi o di una parte di essi. Proprio per questo rientra tra le cose pignorabili quando non si pagano le tasse o le cartelle esattoriali. In questi casi il Fisco può applicare la cosiddetta riscossione coatta, ovvero un provvedimento che si concretizza nella sottrazione di macchine, immobili, beni di valore e anche conti correnti.
Minimo vitale: quali sono i casi in cui non è possibile pignorare il conto corrente
Nel caso di lavoratori dipendenti e pensionati, però, vale la regola del minimo vitale: se sul conto è presenta una cifra che equivale a tre volte l’assegno sociale il conto non può essere pignorabile. A quanto ammonta l’importo dell’assegno sociale? Attualmente equivale a 460,42 euro, quindi la cifra non pignorabile equivale a 1.381,26 euro. Il pignoramento scatta solo nel momento in cui il deposito di denaro supera questa cifra. Oltre questa soglia limite il Fisco potrà pignorare l’eccedente lasciando sul conto il minimo vitale.
Il decreto Aiuti bis ha introdotto un’importante novità sui limiti di pignoramento per i pensionati, elevando il limite da 750 euro a 1.000 euro. A differenza dei lavoratori dipendenti, infatti, il minimo vitale dei pensionati è pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Va considerata anche una recente sentenza della cassazione che ha stabilito che il pignoramento del conto corrente non potrà essere eseguito neanche per i liberi professionisti e né per gli autonomi. Introdotte novità anche riguardo all’importo: mentre per pensionati e lavoratori è già stabilita una cifra, in questo caso dovrà essere il libero professionista a decidere quale sia la somma giusta da considerare come minimo vitale.
Naturalmente, quella del libero professionista o lavoratore autonomo può essere una proposta, ma spetterà al giudice avere l’ultima parola: il giudice deciderà quale è il minimo vitale basandosi sulla situazione reddituale e patrimoniale secondo la documentazione presentata dal libero professionista o dal lavoratore autonomo per il quale è prevista la procedura di pignoramento del conto corrente.