Quanto (e cosa) può pignorare il Fisco in presenza di debiti: iniziano con l’auto
Pignoramento stipendio, pensione, conto corrente, canoni di locazione. Come evitare il pignoramento dei soldi in banca da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Vediamo dunque quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate: fino a dove cioè è possibile il blocco dei redditi percepiti dal contribuente.
Sulla possibilità di pignorare la prima casa, l’Agenzia delle Entrate ha le mani legate. Lo può fare solo se si tratta di una casa di lusso o se il contribuente, oltre all’abitazione in questione, è titolare di altri immobili, siano essi terreni o fabbricati.
Quanto invece allo stipendio, alla pensione e al conto in banca ci sono altre regole. Vediamo quali sono:
Agenzia delle Entrate: quanto e quando può pignorare, attenzione
Il semplice fatto di non aver pagato le tasse non implica in automatico il rischio di un pignoramento. Prima che ciò avvenga sono necessari alcuni passaggi.
Innanzitutto, l’ufficio deve notificare al contribuente l’avviso di accertamento riferito all’imposta non versata. Può trattarsi di un’imposta o di un tributo dovuto all’Erario o agli enti locali. Dopodiché, in assenza di pagamento, la “pratica” passa all’ufficio per la riscossione esattoriale, attualmente ricoperto da Agenzia Entrate Riscossione.
All’esattore viene inviato il cosiddetto “ruolo”, un documento che indica l’importo dovuto dal contribuente e l’anno di riferimento. Poi viene notificata la cartella esattoriale con obbligo di pagamento entro 60 giorni.
Solo dopo 60 giorni dalla notifica della cartella, l’Esattore può procedere alla riscossione e quindi al pignoramento, e comunque non oltre 1 anno. Se decorre l’anno, l’Esattore deve notificare un sollecito senza il quale l’esecuzione forzata è illegittima.
Cosa può davvero pignorare l’Agenzia delle Entrate: i limiti di pignoramento
Esistono dei limiti di pignoramento, previsti però solo in favore dei contribuenti titolari di pensione o di stipendio da lavoro dipendente.
Per tutti gli altri contribuenti non esistono limiti alla possibilità, per Agenzia delle Entrate, di pignorare i redditi o il conto corrente. Tanto per fare un esempio, una persona che percepisce mensilmente un canone d’affitto su un appartamento concesso in locazione si può veder pignorare l’intera mensilità versata dall’inquilino.
Sullo stipendio invece l’Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare:
- un decimo: se la mensilità non supera 2.500 euro;
- un settimo: se la mensilità va da 2.5001 a 5.000 euro;
- un quinto: se la mensilità è superiore a 5.000 euro.
Queste quote si calcolano sul netto dell’intero stipendio. Ovviamente, il pignoramento cessa se cessa il rapporto di lavoro, a seguito di dimissioni o licenziamento. A quel punto il pignoramento si sposta direttamente sul TFR (il trattamento di fine rapporto) dovuto dall’azienda, senza bisogno di un ulteriore atto di pignoramento. Se sono in atto altri pignoramenti da parte di ulteriori creditori, è possibile un doppio pignoramento purché non superi metà dello stipendio.
In quanto ai beni materiali, il fisco, in caso di mancato pagamento dopo i 60 giorni può scattare il fermo dell’auto e l’ipoteca sulla casa. Attenzione quindi al pagamento delle tasse, il fisco non perdona.